FOCUS SOCIETÀ - CLAUSOLA PENALE E STATUTO SOCIETARIO
Avv. Annalisa Callarelli
La clausola penale è una delle voci del vocabolario contrattuale più nota e utilizzata, non solamente dai legali ma da chiunque si trovi a negoziare, o anche solo a parlare di, contratti. Si tratta infatti di uno strumento che presenta, almeno all’apparenza, caratteristiche piuttosto facili da intuire: per rafforzare o proteggere un’obbligazione contenuta in un contratto si prevede il pagamento di un importo, determinato o determinabile, in caso di inadempimento (incluso il ritardo nell’inadempimento).
In realtà, l’apparente semplicità dello strumento nasconde temi di natura giuridica (forse anche giuridico-filosofica) molto discussi ma, a prescindere dal dibattito dei tecnici, riteniamo sia utile focalizzarsi sulle due funzioni principali che possono essere attribuite a questo istituto: (1) stabilire un importo predeterminato del risarcimento dovuto in caso di inadempimento e/o (2) sanzionare l’inadempimento di un’obbligazione.
Lo statuto societario, con particolare riguardo alle società di capitali, è probabilmente considerato come un documento caratterizzato da maggiore tecnicità rispetto a un normale contratto, non foss’altro per il necessario coinvolgimento del notaio nella sua definizione o modifica. È però bene ricordare che, come qualsiasi altro atto avente natura negoziale, deve essere approcciato dalle parti che sono chiamate a definirne i contenuti – i.e., i soci della società e i loro advisor legali – con l’obiettivo di fissare, nella maniera quanto più possibile esaustiva, i diritti e i doveri degli stessi. Pertanto, trattandosi dell’atto che contiene le norme relative al funzionamento della società e che disciplinano i diritti e doveri dei soci, ed avendo una portata ed efficacia sostanzialmente diversa da eventuali accordi parasociali tra i soci, si consiglia di non sottovalutare l’analisi e revisione dei contenuti dello stesso.
Avendo introdotto i due protagonisti del focus di oggi, cerchiamo pertanto di rispondere al seguente quesito: lo statuto di una società può prevedere una penale a carico dei soci in caso di inadempimento?
Prassi notarile (e non)
Il contenuto degli statuti societari può essere piuttosto complesso, specialmente in presenza di una pluralità di soci e/o categorie di azioni e nel contesto di operazioni di investimento in senso lato. In tale quadro, alcune disposizioni a cui i soci attribuiscono particolare importanza potrebbero richiedere una sanzione in caso di inadempimento. La prassi, anche sulla base della nostra esperienza, ha quindi da tempo accettato l’inclusione di clausole penali all’interno dello statuto.
La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano – un riferimento chiave nell’ambito del diritto societario – ha cristallizzato il quadro con la massima n. 198 del 23 novembre 2021.
In particolare, deve ritenersi confermata la legittimità di clausole statutarie che, a fronte dell’inadempimento di obblighi dei soci contenuti nello statuto, prevedano l’obbligo di pagare una penale, un’alterazione dei diritti sociali delle azioni o quote del socio inadempiente o l’insorgere di obblighi di diversa natura.
Pertanto, il tipo di sanzione che può divenire applicabile a seguito dell’inadempimento ha un contenuto potenzialmente piuttosto vario, in considerazione anche dei diritti riconosciuti all’interno dello statuto, ferma restando la possibilità di riduzione della penale che sia ritenuta manifestamente eccessiva, come previsto dalla legge.
La possibilità di sanzionare il socio a fronte di particolari eventi, a prescindere dall’applicazione di una clausola penale, si trova peraltro in altre disposizioni del codice civile in materia di società.
Da un lato, in materia di società a responsabilità limitata, lo statuto può prevedere ipotesi di esclusione del socio per giusta causa, le quali possono essere dirette a sanzionare determinati comportamenti del socio in violazione di obblighi statutari. Un ulteriore esempio è rappresentato dalla possibilità di prevedere nello statuto il potere di riscatto delle azioni di un socio da parte della società o degli altri soci con finalità di tipo sanzionatorio (come nell’esempio che si proporrà di seguito).
Non appare, quindi, incongruo che una sanzione di tipo pecuniario in caso di inadempimento agli obblighi dei soci possa trovare spazio all’interno dello statuto di una società. Si pensi, ad esempio al caso in cui un socio violi un divieto di concorrenza previsto a livello statutario. In tal caso, l’inserimento nello statuto di una penale nella sua forma tipica, ossia con funzione risarcitoria, potrebbe essere consigliabile, senza peraltro escludere che possano trovare applicazioni anche altre disposizioni aventi una funzione punitiva (e.g., insorgere del diritto di riscatto a beneficio degli altri soci o della società).
Penale statutaria e giurisprudenza di merito
Oltre alla strutturata disamina della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, segnaliamo come la giurisprudenza di merito, in particolare il Tribunale di Torino (10 novembre 2020), abbia confermato la validità di clausole statutarie che prevedano una penale per il socio in caso di inadempimento a specifici obblighi sociali, precisando però che la stessa debba essere sufficiente determinata o determinabile sulla base di dati specifici e oggettivi.
Possibili utilizzi
Con particolare riguardo a statuti in cui sia attributo ai titolari di determinate categorie di azioni un ruolo di “guida” nella gestione dell’investimento, la previsione di penali, unitamente all’utilizzo dello strumento del riscatto, sono di uso frequente al fine di sanzionare l’inadempimento di clausole in materia di circolazione delle azioni.
Si pensi al caso del diritto di trascinamento, ai sensi del quale una categoria di azioni, in presenza di un’offerta di un terzo avente ad oggetto l’intero capitale sociale della società, può esercitare il diritto di procurare la vendita di tutte le azioni degli altri azionisti, con il solo limite rappresentato dalla necessità che il corrispettivo delle azioni sia almeno pari al valore delle stesse in caso di recesso.
In considerazione di tale ultimo requisito, si è soliti prevedere in statuto un meccanismo di determinazione del valore minimo a cui possono essere cedute le azioni attraverso il ricorso di un arbitratore. Tale meccanismo può prestarsi ad abusi da parte degli azionisti che subiscono la vendita, ed è quindi frequente la previsione di penali a carico di tali azionisti ove l’arbitratore determini che il prezzo per azione offerto dal terzo è superiore al valore di recesso.
Infine, si segnala come l’inadempimento da parte di un socio dell’obbligo di vendere le proprie azioni a fronte dell’esercizio del diritto di trascinamento da parte dei soci aventi diritto, fa solitamente sorgere il diritto di riscatto delle azioni del socio inadempiente a beneficio dei soci che hanno esercitato il diritto di drag-along.