NEWS DALLA CGUE: IL DIRITTO ALL’OBLIO NEL WEB
Avv. Silvia Borrini
La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza pronunciata all’esito della causa C-460/20/Google, torna ad occuparsi di diritto all’oblio (art. 17 GDPR), spingendosi a ridefinire i margini di manovra possibili sul web in termini di diritto d’informazione, da un lato e di diritto alla reputazione e all’immagine, dall’altro.
Siamo in Germania, nel 2015, e una coppia che gestiva una società di investimento chiedeva (di seguito i “Ricorrenti”), senza successo, a Google (di seguito anche “Company”) di oscurare le recensioni di un sito USA (di seguito il “Sito”) che criticava il loro modello di business attraverso articoli, uno dei quali era corredato da immagini (thumbnail) che alludevano a stili di vita un po’ eccessivi.
Nello specifico, i Ricorrenti contestavano a Google -a cui chiedevano la deindicizzazione- che inserendo nel motore di ricerca di quest’ultima i loro nomi e cognomi, la Company indicizzava, nell’elenco dei risultati, gli articoli relativi alle recensioni svolte dal Sito, rinviando con un link alla lettura diretta di detti articoli. Allo stesso modo avveniva in caso di ricerca per immagini: Google mostrava le fotografie dei ricorrenti al volante di un’automobile di lusso, in una cabina di elicottero e dinanzi ad un aereo, nonché in un’automobile decappottabile.
Il “no” di Google, sostanzialmente, si rifaceva al diritto all’informazione degli utenti, in quanto trattandosi di una attività economica rivolta all’ampio pubblico dei risparmiatori, gli articoli in questione erano pertinenti al contesto professionale in cui si inserivano e, in ogni caso, la Company non aveva evidenza che le informazioni contenute negli articoli contestati non fossero corrette.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Colonia (Landgericht Köln) rigettava il ricorso.
Avverso tale provvedimento, i Ricorrenti proponevano appello avanti al Tribunale Superiore del Land (Oberlandesgericht Köln) -l’equivalente della Corte di Appello italiana- il quale confermava la sentenza di primo grado, statuendo che: “la modalità specifica di funzionamento di un motore di ricerca e la particolare importanza che esso riveste per il funzionamento di Internet devono pesare in modo significativo nell’ambito del bilanciamento dei diritti e degli interessi concorrenti che occorre effettuare. Il gestore del motore di ricerca, dato che non ha generalmente alcun legame giuridico con i fornitori dei contenuti indicizzati e che gli è impossibile indagare sui fatti e valutarli tenendo conto anche del parere di tali fornitori, sarebbe soggetto ad obblighi specifici di comportamento solo qualora venga a conoscenza, a seguito di un’indicazione concreta dell’interessato, di una violazione del diritto flagrante e chiaramente individuabile a prima vista”.
I Ricorrenti si rivolgevano, quindi, alla Corte di giustizia federale (Bundesgerichtshof – BGH) che decideva di rimettere al giudice europeo, appunto, -tra le altre- la valutazione sul bilanciamento dei diritti fondamentali concorrenti derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta (i.e. Rispetto della vita privata e della vita familiare e Protezione dei dati di carattere personale), da un lato, e dall’articolo 11 della Carta (i.e. Libertà di espressione e d’informazione), dall’altro.
All’esito del giudizio, superate le questioni preliminari e pregiudiziali, nonché le questioni inerenti all’onere probatorio spettante alle parti, la CGUE ha condiviso appieno la tesi dei Ricorrenti sia in merito al proprio diritto di veder cancellati gli articoli che riportavano informazioni errate sulla loro attività sia circa l’oscuramento delle foto che, seppur indicizzate separatamente, erano riconducibili allo stesso Sito.
In conclusione, la CGUE dichiara che:
– sugli articoli – l’articolo 17, paragrafo 3, lettera a), del RGPD deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito del bilanciamento che occorre effettuare tra i diritti di cui agli articoli 7 e 8 della Carta, da un lato, e quelli di cui all’articolo 11 della Carta, dall’altro, ai fini dell’esame di una richiesta di deindicizzazione rivolta al gestore di un motore di ricerca e diretta ad ottenere l’eliminazione, dall’elenco dei risultati di una ricerca, del link verso un contenuto che include affermazioni che la persona che ha presentato detta richiesta ritiene inesatte, tale deindicizzazione non è subordinata alla condizione che la questione dell’esattezza del contenuto indicizzato sia stata risolta, almeno provvisoriamente, nel quadro di un’azione legale intentata da detta persona contro il fornitore di tale contenuto;
– sulle immagini – l’articolo 12, lettera b), e l’articolo 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46, nonché l’articolo 17, paragrafo 3, lettera a), del RGPD devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito del bilanciamento che occorre effettuare tra i diritti di cui agli articoli 7 e 8 della Carta, da un lato, e quelli di cui all’articolo 11 della Carta, dall’altro, ai fini dell’esame di una richiesta di deindicizzazione rivolta al gestore di un motore di ricerca e diretta ad ottenere l’eliminazione, dai risultati di una ricerca di immagini effettuata a partire dal nome di una persona fisica, delle fotografie visualizzate sotto forma di miniature raffiguranti tale persona, occorre tener conto del valore informativo di tali fotografie indipendentemente dal contesto della loro pubblicazione nella pagina Internet da cui sono state tratte, prendendo però in considerazione qualsiasi elemento testuale che accompagna direttamente la visualizzazione di tali fotografie nei risultati della ricerca e che può apportare chiarimenti riguardo al loro valore informativo.
Poiché i Ricorrenti hanno fornito prova e plausibile spiegazione degli errori portati dagli articoli pubblicati dal Sito, il motore di ricerca era tenuto a oscurare i contenuti contestati, senza ulteriori verifiche, essendo soggetto estraneo che “veicola”. Così come quelle immagini che, anche se indicizzate separatamente, contribuiscono a ingenerare falsità e ledono la privacy dei Ricorrenti, dovranno essere rimosse.
In generale, quindi, se un soggetto ritiene vi siano nel web informazioni inesatte sul proprio conto, può chiederne la rimozione anche se non ha avviato un’azione legale contro colui che le ha pubblicate e purché sia in grado di fornire una spiegazione plausibile della propria contestazione al motore di ricerca, che dovrà prenderne atto e provvedere.