SCARSITÀ DELLE MATERIE PRIME E COSTI INCONTROLLABILI: I POSSIBILI CLAIM NEGLI APPALTI PRIVATI IN ITALIA
Avv. Annalisa Callarelli e Avv. Giulia Cavalli
La ripartenza economica successiva alla fine della seconda ondata della pandemia di Covid-19, ha interessato particolarmente il settore edilizio, incluso il c.d. involucro edilizio, trainato anche dai numerosi benefici fiscali a disposizione, primo tra tutti il Superbonus 110%.
Parallelamente tuttavia, come a tutti noto, i materiali da costruzione sono stati protagonisti di significativi aumenti rispetto agli anni precedenti, tanto da rendere estremamente complesso sia il loro approvvigionamento che il rispetto delle condizioni contrattuali ai prezzi inizialmente pattuiti.
Per gli appalti pubblici, il noto emendamento al c.d. Decreto Sostegni bis di fine luglio ha istituito un meccanismo volto a mitigare gli effetti dei rincari e siamo in attesa che il Ministero delle infrastrutture individui, con apposito decreto, le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, dei prezzi dei principali materiali verificatesi nel primo semestre dell’anno 2021.
E per il settore privato?
Attualmente, più associazioni di categoria stanno lavorando per ottenere l’estensione di tali meccanismi anche gli appalti tra privati e, in questo senso, sia alla Camera che al Senato, sono stati presentati e accolti diversi ordini del giorno volti ad estendere le misure di compensazione a tale settore.
Tuttavia, ad oggi, non è ancora stata approvata alcuna misura specifica e lo strumento principale per scongiurare gli effetti negativi correlati alla difficile reperibilità delle materie prime e all’aumento incontrollabile dei loro prezzi sono e restano le previsioni contrattuali (ove esistenti) e le generali disposizioni del codice civile.
La revisione dei prezzi
Difficilmente un contratto di appalto o di fornitura sottoscritto nel 2020 o nei primi mesi del 2021 conterrà delle clausole implicanti una revisione dei prezzi concordati.
Soccorrono comunque in tal senso le disposizioni del codice civile e, in primis, l’art. 1664, il quale statuisce al primo comma che, qualora sia siano verificati aumenti o diminuzioni dei prezzi per circostanze imprevedibili, tali da determinare una variazione superiore al decimo del prezzo convenuto, l’appaltatore e il committente possono richiedere una revisione del prezzo medesimo, ma solo per la differenza che eccede il decimo.
Elemento essenziale per l’applicabilità della norma, quindi, è il sopravvenire di circostanze imprevedibili per le parti – tenuto conto della diligenza media richiesta dall’attività esercitata – e tali da determinare una significativa variazione del prezzo originariamente concordato.
Tale disposizione, tuttavia, non ha carattere vincolante; le parti, dunque, possono liberamente decidere di derogarvi. In questo senso, è infatti ammesso che possa prevedersi una soglia diversa da quella legale, al superamento della quale potrà richiedersi la revisione del prezzo concordato; che la revisione del prezzo sia limitata unicamente ad alcune voci di spesa; è possibile, altresì, escludere qualsiasi diritto alla revisione, purché tale volontà rinunci in maniera inequivocabile nel testo contrattuale.
Ci si è interrogati tuttavia sulla tenuta di una simile limitazione contrattuale a fronte del particolare momento storico in cui le imprese stanno operando. Non è pertanto da escludersi che, pur in presenza di una esplicita esclusione di applicabilità dell’art. 1664 c.c., l’appaltatore possa comunque formulare una richiesta di revisione dei prezzi contrattuali.
Un supporto in quest’ottica arriva anche dalle generali previsioni di buona fede e correttezza che devono contraddistinguere l’esecuzione di qualsiasi contratto, che si sostanziano in un generale dovere di solidarietà, e che impongono a ciascuna parte di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra nella misura in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a suo carico.
Di conseguenza, preso atto che l’aumento dei prezzi a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno è strettamente connesso alla pandemia, è auspicabile che i principi di cui sopra non possano trovare applicazione nei singoli appalti e forniture, permettendo così di rivedere gli accordi al fine di necessariamente ristabilire l’equilibrio negoziale tra le parti.
La proroga dei termini
Le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime possono avere un impatto non solo sui costi di ciascuna commessa ma anche sui tempi di esecuzione.
Materiali e componenti, infatti, spesso risultano introvabili o, comunque, hanno dei tempi di fornitura di molto differiti nel tempo e senza garanzie di consegna entro date prestabilite.
Siffatte circostanze potrebbero senz’altro pregiudicare il rispetto dei cronoprogrammi originariamente concordati tra le parti e, in assenza di una istanza di proroga, espongono l’operatore all’applicazione di pesanti penali e/o comunque al risarcimento dei danni da ritardo procurati al committente.
È evidente tuttavia, per tutte le ragioni già enunciate, che anche la difficoltà di reperimento dei materiali e la conseguente ripercussione sui tempi di commessa siano eventi al di fuori del controllo dell’appaltatore, al medesimo non imputabili e certamente riconducibili alle fattispecie di forza maggiore o caso fortuito, vista la loro eccezionalità ed imprevedibilità.
Nell’ordinamento italiano, come noto non esiste una definizione precisa di forza maggiore. Il termine è citato unicamente in alcune norme del Codice Civile, fra le quali l’art. 1785, che stabilisce i limiti di responsabilità dell’albergatore quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione siano dovuti, appunto, a forza maggiore. La stessa pertanto potrà essere espressamente invocata solo ove chiaramente disciplinata dalle parti nel contratto sottoscritto.
Ad ogni modo, l’art. 1467 c.c. (rubricato “contratto con prestazioni corrispettive“) individua per sommi capi il concetto di forza maggiore, riconoscendo alla parte che deve tale prestazione la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto nel momento in cui sia divenuta eccessivamente onerosa per fatti straordinari ed imprevedibili, estranei alla sua sfera d’azione.
Non solo: ci sono ulteriori disposizioni che, a fronte di eventi straordinari che impediscono o, comunque, ostacolano l’esecuzione di una prestazione, esonerano da responsabilità l’operatore, in quanto appunto al medesimo non imputabili.
Ci riferiamo, in particolare, all’art. 1256 c.c., a norma del quale: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento […]”.
Anche in termini di proroga dei tempi vale poi quanto più sopra argomentato in tema di buona fede e correttezza nell’esecuzione dei contratti sopra enunciate.
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In conclusione: ciascun caso presenterà dinamiche e condizioni peculiari, da valutare con attenzione. È tuttavia fondamentale che le imprese siano consapevoli del fatto che, al di là di quanto stabilito nel contratto, esistono differenti strumenti a loro disposizione per pretendere una modifica delle condizioni negoziali, al fine di riequilibrare gli obblighi tra le parti ed adeguarli agli eventi straordinari che hanno interessato e sovente pregiudicato gran parte degli operatori economici nel corso dell’ultimo anno.